L'UOMO E L'AMBIENTE di Mario Idà
La religione del progresso sta toccando da alcuni decenni a questa parte la più bassa quotazione sul mercato delle idee. Esaurita la retorica delle magnifiche sorti e progressive, si avvertono segnali inquietanti di rivolgimenti epocali, a tal punto che la trasformazione dell'ecosistema fa paura. La distruzione dell'ambiente e delle risorse naturali risveglia incubi atavici: la volontà di conoscenza e di conquista non è forse il peccato originale che porterà l'umanità all'autodistruzione? Entra in crisi, così, l'ottimismo tecnocratico del liberalismo. Davanti a questo scenario inquietante, l'ecologia – che è lo studio dei rapporti tra gli esseri viventi e l'ambiente naturale che lo circondano – svolge un ruolo decisivo nell'affrontare e dare impulso alla risoluzione dei problemi legati non solo alla sopravvivenza del genere umano, ma anche delle specie animali e vegetali che sono a rischio d'estinzione. Essa, inoltre, a partire dall'ecosistema astrattamente considerato, si occupa della tutela dell'habitat, che è l'insieme di tutti gli organismi che possiedono i requisiti necessari alla vita dello stesso, della nicchia ecologica vale a dire quella parte dell'habitat in cui vive una certa specie considerata sotto il profilo dei rapporti di questa con l'ecosistema e ancora del climax, che è lo stato di massimo sviluppo in condizioni di equilibrio. L'ecologia, pertanto, proprio in quanto scienza, elabora modelli che permettono soluzioni e previsioni con sempre maggiore affidabilità, anche se l'uomo dimostra – per fatti concludenti – un potere sull'ecosistema mai posseduto prima, che può essere foriero di una catastrofica distruzione. A tal proposito significative appaiono le considerazioni svolte da Oswald Spengler nel suo libro Der Mensch, tradotto in italiano dalle Edizioni del Borghese nel 1970, anticipatore delle correnti che si ispirarono ad un oculato equilibrio della tutela dell'ambiente. Già allora l'antropologo Claude Lévi-Strauss si schierò a favore delle "società fredde", primitive e immobili, contro le "società calde", dominate dall'orgoglio e dalla smisuratezza dell'uomo occidentale. In tal senso, l'idea del progresso si rovescia nel suo contrario: il pessimismo secondo il quale il progresso della scienza e della tecnica non basta a sciogliere i nodi gordiani che imbrigliano l'esistenza dell'uomo moderno. L'idea, cioè, che l'uomo non può e non deve oltrepassare certi limiti e che questi sono stati abbondantemente superati. Indubbiamente oggi l'uomo si trova di fronte a problemi di sopravvivenza che comportano inevitabilmente un nuovo rischio, una nuova responsabilità, una nuova avventura. All'ottimismo progressista e al catastrofismo regressivo è necessario opporre la volontà di essere artefici del nostro futuro: né distruttori della natura, né in sua balia. Al tempo stesso va sottolineato che l'ecologia non si oppone ad un intervento dell'uomo sull'ambiente. Al di là della considerazione ovvia che essa, in quanto scienza (e quindi insieme di proposizioni descrittive e non normative), ci informa soltanto quali saranno i risultati di certi fattori, dopo di che resta all'uomo decidere il proprio futuro. Resta fermo, al tempo stesso, che proseguendo sulla linea di pensiero e di azione sempre più massiccia e invasiva nei confronti dell'ambiente, non vi potrà essere per l'umanità alcuna via d'uscita, ben potendosi prefigurare – inalterata lasciando questa situazione – uno scenario da fine del mondo. Sotto un altro aspetto è da rilevare che ammesso e non concesso che l'ecosistema terrestre sia in grado di sopportare uno sviluppo delle nazioni nelle aree più floride e attrezzata secondo il modello occidentale, nei paesi poveri possano favorire l'equilibrio naturale del pianeta. La verità è che l'uomo di oggi si trova ad un bivio: o inverte la rotta o precipiterà nel baratro da lui stesso scavato. Si consideri che ogni libertà, ponendo una possibilità di scelta, è di per sé rischiosa. Ma davanti ad un scenario inquietante foriero di drammi, non vi possono essere alternative. È una questione di responsabilità non solo per il prossimo domani, ma soprattutto per le generazioni che verranno. Taureanus |
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