LA STORIA DEI ROLLING KARTS

UNA BELLA ESPERIENZA DA RIFARE

Di Aura Loci

Dopo la pubblicazione delle foto relative alla gara dei “Carri a pallini”, sul sito di Aura Loci ne sono pervenute altre (che sono state aggiunte alle precedenti - a breve sarà verosimilmente disponibile anche un filmato - per formare l’apposita galleria), unitamente a più richieste di informazioni, avanzate evidentemente da quanti hanno solo sentito parlare della gara, senza averla vista direttamente. Vale la pena, quindi, riassumere come è nata la manifestazione ludico/sportiva, che tanta curiosità suscita ancora a distanza di tanto tempo. La gara fu ideata dall’Avv. Ferruccio Nicotra, che prendendo spunto da altra similare che già si teneva in altra città, la rielaborò, introducendo caratteristiche del tutto diverse e tali da renderla verosimilmente unica nel suo genere. L’idea completamente nuova fu quella di trasformare il classico “carro a pallini” in un Bob a Due (dove uno spinge e l’altro guida) in grado di correre in discesa e con l’ausilio della spinta del secondo, correttamente su strada (anziché nell’apposita pista scavata nel ghiaccio), malgrado le ghiere d’acciaio dei cuscinetti a sfera o a rulli che formavano le sue ruote e che dovevano restare a diretto contatto con l’asfalto. Scelta, questa, che si impose, per evitare di realizzare una insignificante gara di veicoli gommati, senza motore, che non avrebbe offerto alcuna emozione e che, al tempo stesso, non avrebbe richiamato la tradizione dei “carri a pallini” che, proprio con tali ruote, erano stati, per diversi decenni, mezzi di lavoro per gli adulti e, per la quasi totalità dei ragazzini, strumenti di gioco a buon mercato. L’idea, all’epoca, accese l’entusiasmo e la fantasia di moltissimi giovani che aderirono immediatamente all’iniziativa, opportunamente pubblicizzata, costruendo un primo carro/prototipo che fu volutamente esposto in varie occasioni, anche in Piazza Primo Maggio, trasportato su carrello, mentre un apposito manifesto annunciava con largo anticipo la gara, lanciando tra le righe una sorta di disfida sportiva (quasi si fosse trattato di un torneo medievale) che aveva per presupposti il coraggio e la prestanza fisica, ma anche l’ingegno, la fantasia e la voglia di essere protagonisti del fare, in una competizione che fosse alla portata, anche economica, di tutti i giovani. L’esposizione del carro/prototipo non mancò di incuriosire molti che poterono così osservare le varie caratteristiche tecniche che in un certo qual modo trasformavano i classici carri a pallini (da tutti conosciuti) in una sorta di Formula Uno della specie. I carri divennero così “Rolling Karts”. Si formarono spontaneamente veri e propri team che, agguerriti non meno degli atleti che gareggiarono, si cimentarono nella elaborazione di progetti e nella costruzione di altrettanti carri che furono dotati, con vere e proprie soluzioni ingegneristiche, anche di sospensioni elastiche con tanto di ammortizzatori e freni in grado di arrestare all’occorrenza la corsa del mezzo nello spazio di pochi metri, tra le fumate azzurrognole e l’acre odore della gomma che brucia per attrito sull’asfalto. I piloti intanto discutevano delle tecniche di guida da adottare, dividendosi in sostenitori dell'una o dell'altra "scuola". Ognuno disse la sua e, così, furono passate in rassegna le varie tecniche di guida, dal rally allo speedway e dal pattinaggio a rotelle fino allo sci. Al bar si discuteva di sterzo, controsterzo, derapage, sbandate controllate e quant'altro.

Alcuni carri, avevano anche appariscenti alettoni che esteticamente richiamavano proprio la Formula Uno. Il miracolo tecnico fu la “eccezionale” tenuta di strada dei carri, mantenuta anche nelle condizioni più difficili… Un amico che “scortava” un carro illuminandogli la strada con i fari della propria autovettura, durante una prova notturna, ebbe a confessare che aveva avuto difficoltà ad entrare in qualche curva alla stessa velocità del carro… L’altro miracolo, certamente più significativo, fu determinato dall’entusiasmo che l’idea scatenò, richiamando ed unendo la maggior parte della gioventù dell’epoca, durante l’intero periodo che precedette la gara, durante lo svolgimento della stessa e perfino dopo. La rivalità dei team fu anche goliardicamente alimentata con voci tendenziose messe opportunamente in giro, in particolare al Bar Italia, secondo le quali c’era qualcuno che spiava le mosse degli altri tanto che sarebbe stato meglio lavorare di nascosto ed al chiuso, per evitare lo spionaggio industriale ed il furto delle soluzioni tecniche adottate dai team più accreditati… Il racconto diventava più intrigante allorchè si paventava che un non meglio precisato team aveva già adottato soluzioni tecniche d’avanguardia, degne di futuribili veicoli spaziali, ovvero che sarebbero state usate ruote provenienti addirittura dal cantiere navale di Genova… Qualcuno ha raccontato di riunioni segrete, di interminabili discussioni tecniche o di lavori eseguiti con tanto di vedetta/"palo" all'ingresso di qualche garage/officina, ma quelle voci, burlone più che tendenziose, però, lungi dal fare degenerare il clima di fermento e di leale agonismo, contribuirono in effetti solo ad alimentarlo positivamente, lasciando nel tempo un ricordo mitico e consentendo, a gara ultimata, di festeggiare insieme, tutti vincitori dell'indimenticabile avventura vissuta, indipendentemente da quella che era stata la rigida classifica finale dettata dal cronometro. Durante le gare vi furono, infatti, casi di vero e proprio fair play tra più concorrenti, alcuni dei quali hanno messo a disposizione di altri saldatrici ed attrezzi vari per riparazioni dell'ultima ora, ovvero qualche cuscinetto che serviva a sostituirne, in extremis, altro che si era rotto durante la gara, nel tratto finale dove i blocchi di granito che formano la sede stradale, non perfettamente livellati, creavano piccoli gradini che solo le ruote più grandi e robuste superavano indenni. Analogamente qualche carro che aveva già ultimato la sua corsa (i carri potevano correre più volte a condizione che l' equipaggio fosse diverso) è stato offerto ad altri concorrenti rimasti privi per "rottura" del proprio. In uno di questi casi, l’equipaggio che si classificò, in entrambe le gare, al secondo posto, rischiò di essere battuto dal suo stesso carro con l’equipaggio a cui era stato dato in prestito, che si attestò in terza posizione, distaccato solo da qualche decimo… Qualche carro riuscì a terminare la gara, malgrado la rottura di un cuscinetto, grazie al fatto che sullo stesso era stata montata qualche ruota in più che, nell'occasione, funse da "ruotino", ovvero grazie alla "sopravvivenza" del cuscinetto che era stato opportunamente montato all'interno di quello spezzatosi. Tutte le spese per l’organizzazione della gara furono sostenute in pari misura dalla ZANI Pelletterie e dalla Società Gelca S.r.L., entrambe di Palmi. Quest’ultima, e per essa il Rag. Giuseppe Pietropaolo, mise anche a disposizione automezzi e personale dipendente, per potere, una volta acquistati, trasportare notevoli quantitativi di balle di paglia che furono poi sistemate opportunamente lungo il percorso che, così, divenne quasi per magia improvvisamente “circuito”, dove si poteva respirare l’atmosfera della vera pista da gara, tra due ali di pubblico, a stento contenute da un imponente servizio dalle Forze dell’Ordine. Le due edizioni si tennero nel mese di agosto degli anni 1974 e 1976, come noto lungo la discesa della via S. Giorgio di Palmi (oggi via Felice Battaglia), con partenza all’altezza del bivio con la Statale 18 ed arrivo in Piazza Primo Maggio.

La gara era spettacolare, ma meno pericolosa di quanto qualcuno ha potuto ritenere, osservandola dall’esterno. Ciò in quanto la sicurezza della manifestazione fu curata in ogni particolare, sia prevedendo le caratteristiche costruttive dei carri (per i quali erano stabiliti il limite massimo di peso, dispositivi di frenata efficienti, cinture di sicurezza per il pilota, caschi per l’equipaggio, oltre che ginocchiere e gomitiere per il secondo che doveva disporre di appositi sostegni e maniglie per la spinta) in grado da renderli affidabili e regolarmente guidabili, sia disponendo lungo le traiettorie di fuga delle curve, una o più file di balle di paglia in grado di ammortizzare l’eventuale urto dei carri stessi nel caso in cui se ne fosse perso il controllo. La posizione di guida, che prevedeva obbligatoriamente che il conducente fosse seduto e con la cintura di sicurezza allacciata, assicurò una maggiore tranquillità in occasione della seconda gara. Per maggiore sicurezza, era stato previsto, fin dalla prima gara, di fare correre i carri uno per volta, facendo partire quello successivo una volta che si esauriva la corsa del precedente e solo dopo che, dal traguardo stesso, i giudici di gara davano il via a mezzo del perfetto ponte radio appositamente creato dal Gruppo Radioamatori Palmese … Allora non esistevano i telefonini, le webcam e gli strumenti elettronici che negli anni successivi hanno letteralmente rivoluzionato il mondo. Non a caso, quindi, durante le due gare, a cui hanno partecipato anche numerosi equipaggi femminili, non si sono verificati incidenti con lesioni per i partecipanti, malgrado qualche uscita di strada, conclusasi senza conseguenze sulle balle di paglia. Qualche incidente con lesioni, invece, si era verificato, ma solo in occasione di prove notturne (non autorizzate) in occasione delle quali, in particolare, uno sfortunato equipaggio andò a scontrarsi contro un ignaro automobilista che stava percorrendo in senso opposto la stessa strada. Purtroppo, tale incidente, che provocò, oltre al comprensibile sbigottimento dell'automobilista, qualche frattura ossea ai componenti l’equipaggio (e che avrebbe potuto avere conseguenze ben più gravi, sol che si pensi che l’autovettura riportò danni tali da dovere essere trasportata a mezzo del carro attrezzi), da un lato privò la gara di un ottimo equipaggio e di un preparatissimo carro e, dall’altro, alimentò in qualcuno l’infondato convincimento che la gara fosse pericolosa. Tutti i carri venivano “scortati”, preceduti e seguiti, dai pochi motociclisti dell’epoca che, alla guida delle loro scintillanti ed “invidiatissime” giapponesi Honda, Suzuki, Kawasaki e Yamaha, hanno collaborato, e con entusiasmo, alla intera organizzazione, svolgendo al contempo funzioni di giudici di gara lungo il percorso. Al traguardo non mancava la “regolamentare” bandiera a scacchi, che il compianto ferrarista Gennaro Barbaro sbandierava con perfetto tempismo.

La regolarità dei risultati fu assicurata dai Giudici di Gara, compianto Prof. Bruno Pititto e Prof. Franco Tigano, che hanno cronometrato al millesimo il tempo impiegato dai concorrenti. La Pro Loco di Palmi offrì tutto il necessario supporto logistico, dalle iscrizioni alla premiazione. Il successo della gara fu, comunque, notevole e resta ancora nella memoria di molti. Le gare, entrambe, sono state dominate dall’allora giovanissima “forza della natura”, Saverio Saffioti (all’epoca ancora studente in Architettura) che risultò l’unico in grado di saltare dal carro in corsa all’altezza della curva a tornante, di indirizzarlo prepotentemente lungo la migliore traiettoria e di imprimergli una impressionante spinta all’uscita della stessa; circostanza questa che evidentemente fece la differenza e consentì di battere, seppure di alcuni interminabili decimi di secondo, anche gli agguerriti equipaggi che pure avevano ultimato il percorso senza neppure sfiorare i freni per rallentare all’entrata delle curve. Per coloro che hanno assistito è stato sicuramente uno spettacolo indimenticabile ed emotivamente coinvolgente, se è vero come è vero che, in alcune migliaia, lungo l’intero percorso, sono rimasti inchiodati dalle ore 15,00, sotto il sole di agosto, fino all’imbrunire (le ultime corse si sono svolte con l’ausilio dei fari delle auto che seguendo il carro, illuminavano la strada), ad osservare, spesso facendo il tifo per i vari partecipanti, come le ghiere d’acciaio dei cuscinetti riuscivano a “tenere la strada” perfettamente e come qualche carro percorreva l’intera curva, lungo una traiettoria perfetta, con la ruota anteriore interna addirittura sollevata dall’asfalto, per effetto della forza centrifuga; i carri sfrecciavano, preceduti e seguiti dal forte rombo sferragliante che le ruote d'acciaio provocavano a contatto dell'asfalto ed il pubblico che si trovava dietro le curve a visuale preclusa, aveva modo di sentirli arrivare prima ancora di vederli; emozioni esaltanti, queste, che i concorrenti tutti hanno vissuto e correttamente controllato da protagonisti e da veri “campioni”, dalla partenza all’arrivo. La nutrita presenza femminile è stata unanimemente apprezzata e significativa sotto tutti i profili, anche perché ha contribuito a mettere in ulteriore minoranza l’immancabile benpensante bigotto di turno che, non sapendo cogliere lo spirito della manifestazione e meno che mai gli aspetti positivi della stessa, non aveva perduto l’occasione di sminuirla e di screditarla, sostenendone in ultima analisi la pericolosità, malgrado, come già detto, le gare si fossero concluse con la perfetta incolumità dei partecipanti… bigotti che, a ben vedere, erano sempre contrari non solo alla gara dei carri a pallini, ma pure ad ogni umana manifestazione che si fosse spinta oltre la pratica del pettegolezzo peripatetico della piazza, la lettura del giornale (possibilmente non acquistato) ed il gioco delle carte a tempo pieno. Dispiace doverlo ammettere, ma forse alla fine hanno vinto anche le maldicenze ed il linciaggio morale dei bigotti. La gara non fu più organizzata e molti giovani che pure continuavano ad amare l’avventura, lo sport e la competizione, si sono sfaldati, scegliendo di continuare a dare sfogo alle loro passioni isolatamente, mettendosi al riparo degli sguardi di chi nella vita non sapeva fare altro che criticare, spinto a volte solo dalle proprie frustrazioni.

Da allora, però, è passata molta acqua sotto i ponti ed il mondo è cambiato, spesso in meglio, ed i patetici irriducibili bigotti rimasti sono ormai una specie in estinzione, per fortuna senza voce in capitolo e privi di persone disposte a dar loro retta. Oggi, quindi, ci sono sicuramente le condizioni per fare di più e meglio di quanto è stato fatto in passato perché la mentalità si è evoluta e perché ci sono molti giovani che, forse, non aspettano altro che la “chiamata alle armi” dell’entusiasmo e del fare, stanchi dei professionisti del solo apparire. Ci sono gruppi foltissimi di ciclisti in grado di percorrere decine e decine di chilometri a stretto contatto con la natura, lungo sentieri, anche impervi, che portano dal Tirreno allo Ionio o di scalare in mountain bike l’Etna innevato, godendo di paesaggi mozzafiato; ci sono appassionati di trekking di tutte le età e di entrambi i sessi; ci sono moltitudini di appassionati che praticano jogging o running senza essere (a differenza di prima) ironicamente apostrofati dall’automobilista di turno; ci sono appassionati di calcio e di calcetto che disputano accanitissimi tornei; appassionati di sport estremi; canoisti kayakisti che percorrono decine di chilometri lungo fiumi o nel mare, anche agitato; ci sono veri e propri atleti di ambo i sessi in grado di affrontare maratone; ci sono, insomma, centinaia di persone che vivono ed intendono vivere la propria vita liberamente, prendendosi legittimamente quello che la stessa può dare, senza vegetare. Ci sono, quindi, sicuramente le condizioni per rifare la stessa esperienza ed altre ancora non meno esaltanti … Dopotutto si tratterebbe di invitare i giovani a divertirsi in gruppo e di condividere esaltanti esperienze…

 

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